CRONACHE DI PICCOLI TRIBUNALI

da testi di Georges Courteline
Dal nostro punto di vista abbiamo ponderato il fatto che servissero solo minimi travestimenti per distinguere i personaggi nel tourbillon di arrivi e partenze, ma che non volessimo sottolineare ogni cosa con particolari eccessivamente precisi o realistici; un allestimento all’insegna della sobrietà più assoluta, solo con alcune sedie, in cui conti in definitiva il valore del ritmo e dell’incastro da un caso all’altro, da una breve farsa all’altra.

L’ultimo dei testi rappresentati – “Il caso La Brige” – ci disegna in realtà uno scontro di carattere filosofico-burocratico, che assai può avere a che fare anche con l’oggi e che ci individua tuttosommato una strada di resistenza ai soprusi che la burocrazia mette in campo per aver ragione di noi, tapini che la sopportiamo, subendone l’ingiustizia. Una risata meno consolatoria e più fastidiosamente attuale.

Il 12 maggio 2018, al Teatro Satiro Off/Spazio William di Verona, ci siamo dati all’umorismo brillante “fin de siecle” – il penultimo, si intende – con gli allievi del Corso Avanzato di Recitazione per Giovani: abbiamo puntato su di una certezza, gli atti unici del prolifico Georges Courteline, scatenato autore di farse tribunalizie e di gustosi ritratti famigliari, nello  schema tipico dello sketch da vaudeville – forma teatrale, talora musicale, comica e brillante, tipica di locali, café e teatri della seconda metà dell’800 in Francia, in realtà più antica ma che nel passaggio al secolo delle certezze e incertezze borghesi trova definitiva consacrazione.

E in effetti tutto conformismo e borghesia sono gli atti unici presentati in questa bella silloge di concatenazioni tratta da “Fantasie giudiziarie” del nostro Courteline, nell’edizione di Mario Restagno e nella traduzione e adattamento di Gian Renzo Morteo: mogli e mariti sullo stesso piano traditori e traditrici, tradite e traditi, in una sorte di comica e caustica parità raggiunta nel rendersi pan per focaccia, o la pariglia – come viene detto ne “Il caso Champignon”. Oppure giudici e avvocati facilmente corruttibili, soprattutto per un tornaconto di carattere privato, totalmente privato; casi al limite dell’assurdo o della risata; una volontà voyeuristica di spiare un po’ dal buco della serratura e di dar la stura allo scandalo pruriginoso, della sfida sotto casa fra donne che litigano e si accapigliano; il tutto condito da un linguaggio talora alto e forbito usato come maschera di evidenti doppi sensi. Come se non ci fosse niente altro di cui parlare.