CORALE PER JOAQUIN

Nel testo di Neruda si narra la partenza dalla cilena Valparaìso: migranti col sogno dell’oro in testa; si narra che Joaquín Murieta visse sulla propria pelle il razzismo e la discriminazione da parte dei bianchi; si racconta che la sua sposa fu ‎violentata e uccisa da un gruppo di gringos, si narra che fu così che Murieta, vista l’impossibilità di ‎guadagnarsi la vita onestamente e per vendicare i torti subiti, si fece “bandido” e per qualche anno ‎scorrazzò in lungo e in largo per la Sierra Nevada rubando ed uccidendo, trascinandosi dietro disperati in cerca di un posto al sole e di un po’ di umana dignità. Ecco dunque quello che ci interessava di Murieta, la sua paradossale modernità: la parabola di un uomo disperato per affetti e per necessità; la storia di un migrante che parte con un desiderio e una luce in cuore e finisce per subire le angherie, il facile razzismo, la violenza; e l’estremo, difficile tentativo di riscatto. I suoni epici e popolari di quel Cile cantato dagli Inti Illimani riverberano nella nostra messinscena, che però offre anche momenti di esecuzioni dal vivo, nella certezza che i nostri giovani attori sappiano sempre sfruttare al meglio proprie, specifiche competenze. In tutto questo Murieta è un’assenza: rivendica uno spazio di parola solo sul finale, e in maniera sorprendente. Per il resto c’è solo da affidarsi alla parola sanguigna, potente, struggente, violenta e dolce di uno dei più grandi poeti del ‘900.Quello che ci interessava di Murieta è proprio la sua paradossale modernità: la parabola di un uomo disperato per affetti e per necessità; la storia di un migrante che parte con un desiderio e una luce in cuore e finisce per subire le angherie, il facile razzismo, la violenza; e l’estremo, difficile tentativo di riscatto.

Il 19 maggio  2017, in veste di saggio conclusivo del Corso Avanzato di Recitazione per Giovani è andato in scena lo spettacolo “Corale per Joaquin”, tratto da “Splendore e morte di Joaquin Murieta” di Pablo Neruda. La messinscena a cura di Andrea de Manincor, con la supervisione di Barbara de’ Nucci.

Fulgor Y muerte de Joaquin Murieta, di Pablo Neruda, da cui è tratta questa “Corale per Joaquin”, è un poema teatrale che in Italia vide un’unica, storica rappresentazione al Piccolo Teatro di Milano, diretto da Giorgio Strelher, che in quell’occasione però non condusse la regia dello spettacolo, affidata a un altro genio assoluto del teatro del ‘900: Patrick Chereau. Era l’epoca delle contestazioni, il teatro si barcamenava nel 1970 fra tentativo di ricerca e sobrietà borghese. Da allora, a parte un’occasione radiofonica di una decina d’anni fa, non ha fatto più capolino sulle nostre scene. Con orgoglio perciò possiamo dire che questa nostra versione risulta l’unica altra documentata e documentabile  di un testo sicuramente difficilissimo: un iceberg di poesia, una montagna di lirismo, un’opera lontana dal gusto dello spettatore “medio”; a maggior ragione un’impresa affrontabile da un gruppo di impavide e impavidi attrici e attori giovani, quali sono gli Allievi del Corso Avanzato di Recitazione per Giovani.

Una versione praticamente priva di personaggi, ma con tante voci che disperano, o ridono; coralità spinta che evoca e non rappresenta. Una vicenda dal filo sottile che andrà seguita con attenzione. Murieta è un Robin Hood, un leggendario bandido  che operò in California intorno alla metà dell’800. Per alcuni cileno e non ‎messicano come i più sostengono, Joaquín Murrieta arrivò in California intorno alla metà dell’800 insieme ‎con migliaia di migranti che inseguivano il sogno di arricchirsi cercando oro. Come era inevitabile la “febbre” ‎fece esplodere le forti tensioni già presenti tra bianchi e latini.

Lo spettacolo ha replicato, con la collaborazione del Centro Culturale “Fiorella Milan”,  domenica 17 settembre al Centro Civico Culturale di Zevio come evento conclusivo dell’Estate Zeviana.